Per noi residenti, questo mese è un mese magico, ancora immersi nella atmosfera estiva, mentre tutto piano, piano, ritorna alla normalità. Al netto delle considerazioni sul turismo, accompagnate da numeri e percentuali che animano ciclicamente le chiacchierate di settembre, si respira già l’aria pulita d’autunno e un certo ritrovato benessere dopo l’ondata anomala di agosto. 

Settembre, poi, è il mese che anticipa la preziosa stagione di mezzo, dove è ancora fresco il ricordo della precedente stagione e con essa, la voglia di fare meglio per la stagione futura. A settembre anche il mare è più nostro, disteso sul lembo di costa in tutta la sua autentica bellezza e noi, si spera, più grati di ieri e tanto più fieri custodi. Noi che rimaniamo, siamo il popolo di quelli che restano, quelli che il luogo lo vivono tutto l’anno, che resistono, quelli che sopravvivono per un intero anno. Quelli che per farlo si mettono in rete.

E’ questa la stagione propizia per fare della nostra restanza un quotidiano impegno civico e un progetto ideale di turismo più responsabile. Quel turismo in nome del quale per decenni abbiamo piegato il destino di questa terra, giustificando i peggiori scempi, non è più nostro nemico come ci è stato fatto credere, ma un prezioso alleato. E’ infatti, attraverso gli occhi e lo sguardo incantato di chi abbiamo accolto e ospitato a casa nostra, che abbiamo scoperto la bellezza di questa terra, che ne abbiamo percepito e apprezzato il valore e forse, anche, da quale parte stare.

Il paradiso sognato da intere generazioni emigrate altrove, oggi, lo possiamo pensare qui, lontano dalle comodità, forse più essenziale e più povero di eccessi, ma per questo ancora autentico ed accessibile.  Raccogliere la sfida di un territorio che diventa piccola economia diffusa è l’antidoto migliore contro vecchie logiche d’affare. Il senso di responsabilità verso noi stessi e verso un’ideale di comunità che ospita è quello di lavorare per il bene comune. E grazie a questa dimensione umana e più naturale del turismo che abbiamo capito quanto valgono le nostre bellezze e il senso di certe battaglie, quanto conta la salute e il benessere per chi, qui, vi risiede, per chi, come noi, un luogo lo vive, lo trasmette, lo racconta all’altro.

Custodire i luoghi, tenerli puliti, più curati giova a tutti, giova a noi, che di questa bellezza ci nutriamo. Giova alla nostra intelligenza, all’arte comune di pianificare e organizzare le risorse. I progetti pensati come cantieri di bellezza e benessere e non come bandi da elargire. La bellezza di questo luogo è bene comune. Perché un paesaggio agli occhi dell’altro è un unico panorama, è la nostra immagine allo specchio, ci identifica, racconta di noi, del nostro senso civico, della nostra gente. Nessun ospite può sentirsi assolto. Un paradiso non può essere perduto come ci dice Norman nel bisogno di accomodarci, di annullarci, di farci sopraffare dalla bramosia dell’avere sempre di più, e più facile. Il fare è sintomo di vitalità, che fa del sano ozio un momento di contemplazione, è voglia di crescere, di lasciare pulito dopo di noi, magari più bello di come lo abbiamo trovato.

Questo fa di noi bella gente, questo fa di un ospite, un cittadino solidale.

 

 


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