Nel mondo contemporaneo l’industria della pasta, del pane e dei prodotti da forno in generale, domina il mercato cerealicolo globale con produzioni e movimentazioni di merci su vasta scala. Parallelamente, da un po’ di anni a questa parte si sta assistendo a un rinnovato interesse – da parte di alcune filiere di consumatori e produttori – verso i cereali antichi coltivati a livello locale in piccole quantità, con tecniche agronomiche che limitano drasticamente o bandiscono del tutto l’uso della chimica di sintesi, alla ricerca di opzioni più nutrienti e sostenibili.

Vincent Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890

Una storia italiana

L’agronomo e genetista Nazzareno Strampelli, originario della provincia di Macerata, operò professionalmente in Italia a partire dalla fine dell’ottocento. Fu lui a condurre una serie di attività di selezione in ambito cerealicolo, allo scopo di massimizzare la resa per ettaro e migliorare la resistenza dei grani a malattie e parassiti, prime fra tutte la ruggine bruna, e a problemi cruciali come l’allettamento e la stretta1. Nella sua attività di selezione genealogica2 isolò un certo numero di sementi elette, che si diffusero ampiamente in Italia e all’estero per le loro caratteristiche di qualità, produttività e resistenza, diventando a loro volta la base per la selezione di nuove varietà.

Fra queste vi era la cultivar di grano duro Senatore Cappelli, ottenuta dalla popolazione africana “Jenah Ratifah” presso il Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia (Istituto oggi confluito nel CREA) e rilasciata al pubblico nel 1915, così denominata da Strampelli in onore del senatore del Regno d’Italia Raffaele Cappelli, che aveva avviato le trasformazioni agrarie in Puglia e lo aveva sostenuto nelle sue attività di ricerca.

Nazareno Strampelli in un campo di grano

La nuova varietà non tardò a farsi apprezzare, diffondendosi rapidamente in Italia e in altri paesi del Mediterraneo. Nel trentennio fra gli anni venti e gli anni cinquanta, la varietà Cappelli ricopriva fino al 60% della superficie nazionale coltivata a grano duro. Poi, con l’avanzare dell’industrializzazione nel settore agroalimentare, altre varietà più adatte ai processi industriali e alle dinamiche commerciali emergenti presero il sopravvento.

Dalla fine degli anni Novanta c’è stata una graduale riscoperta del grano Cappelli, molto apprezzato per la sua digeribilità e le qualità nutrizionali, nonché per le note aromatiche, la ricchezza in sali minerali e il basso tenore in glutine. Sulla spinta di questa riscoperta, nel 2007 la Fondazione Morando-Bolognini, che confluirà anch’essa nel CREA, concede alle aziende sementiere Scaraia e Selet, entrambe coinvolte nella riscoperta del Cappelli negli anni precedenti, la licenza per la produzione e la commercializzazione della semente della varietà Cappelli sul territorio italiano dietro il pagamento di royalties. La concessione ha una durata di nove anni.

Poi, nel 2016, allo scadere della precedente licenza, si verifica una svolta le cui implicazioni durano ancora fino ad oggi. Il CREA3, nuovo Ente nato nel 2015 dalla fusione di tutti gli enti citati prima e di molti altri operanti nel settore agronomico, non rinnova la licenza a Selet e Scaraia e indice un bando per aggiudicare una nuova licenza unica ed esclusiva, della durata di 15 anni e valida sull’intero territorio UE. I tempi per la presentazione delle manifestazioni di interesse sono strettissimi, quindici giorni, come scriverà qualche anno più tardi il garante per la libera concorrenza. La licenza se l’aggiudica la S.I.S. – Società Italiana Sementi, società per azioni in San Lazzaro di Savena – Bologna.

Ma dopo i primi anni di gestione esclusiva SIS delle sementi di grano Cappelli, l’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, su denuncia di Confagricoltura, apre un procedimento nei confronti di SIS con il quale si contestano le tre seguenti condotte:

  1. aver subordinato la fornitura del materiale riproduttivo della varietà Cappelli alla stipula di accordi che imponevano il conferimento dell’intero raccolto alla SIS;
  2. aver ritardato o addirittura rifiutato in maniera ingiustificata la fornitura di semente del Cappelli agli agricoltori richiedenti;
  3. aver aumentato significativamente i prezzi della semente in assenza di apparenti giustificazioni di tipo economico o tecnologico.

Alla fine del 2019, l’AGCM delibera che le condotte commerciali tenute da SIS e aventi per oggetto la commercializzazione del Cappelli hanno costituito una violazione dell’art. 62 del decreto-legge 1/2012, il che ha determinato l’irrogazione di tre sanzioni amministrative pecuniarie del valore complessivo di 150.000 euro. (fonte Agrarian Sciences https://www.agrariansciences.it/2021/02/la-vicenda-del-grano-senatore-cappelli.html).

Certamente non si tratta di una sanzione pecuniaria significativa per un soggetto del calibro di SIS (grosso modo è paragonabile a una multa per divieto di sosta per un lavoratore che guadagna mille euro al mese). Tuttavia, il provvedimento AGCM evidenzia l’inadeguatezza del modello di business messo in atto per gestire un prodotto nazionale di altissimo valore e con una storia centenaria com’è il grano Cappelli.

Ad oggi non si registrano ulteriori aggiornamenti.

Un campo di grano Senatore Cappelli

Modello produttivo per grani antichi cercasi

Chissà se la storia del Kamut non abbia in qualche misura ispirato l’azione di SIS. Ma quella del Kamut, marchio registrato dalla Kamut International ltd, è una storia che parte dal Canada e indica quell’antica varietà di grano Khorosan con una sua origina unica e originale, di cui l’azienda sarebbe custode – almeno stando allo storytelling che è stato messo in campo negli anni. È una storia ben diversa che garantisce alla Kamut International un grosso mercato a livello globale, di cui il principale, con il 75%, è proprio l’Italia. Ma non è questa la sede per approfondire questa storia, chi fosse interessato può seguire i link indicati in fondo.

È evidente che bisogna chiedere a gran voce alle nostre classi dirigenti una visione più innovativa e una capacità manageriale più adeguata ai contesti socioeconomici coinvolti nelle operazioni di business che si mettono in campo. Perché, anche in questo caso, abbiamo dovuto subire un modello organizzativo, imposto da SIS, finalizzato principalmente al profitto perché privo di contenuto socio-economico innovativo. A cosa serve, infatti, aver aumentato la superficie coltivata a grano Cappelli da 800 a 5.500 ettari in meno di tre anni se poi si è fatta terra bruciata intorno a quei piccoli produttori che chiedevano di entrare nella filiera produttiva liberi dai vincoli contrattuali che venivano loro imposti?

Come accennavo in premessa, è proprio dalle piccole reti locali che coinvolgono produttori e consumatori insieme che si chiede a gran voce un cambio di rotta sulle politiche economiche legate al mondo dell’agricoltura, dell’alimentazione e del rispetto dell’ambiente. Probabilmente molti di questi produttori, in diverse parti d’Italia, avendo già a disposizione le sementi, hanno continuato a coltivare Cappelli in maniera “clandestina”. Altri avranno desistito in favore di altre varietà non meno pregiate di grani antichi. Infondo, come dice il nostro Fernando Piedigrandi, esistono tanti altri grani realmente antichi, molto più del Cappelli, perciò lui si dedica a coltivatre Farro, Timilia e Majorca.

Cosa dire! In questo caso non tutti i mali vengono per nuocere, visto che si sono moltiplicati gli esempi di produttori che hanno messo a dimora Farro, Gentil Rosso, Saragolla, Timilia, Majorca, ed altri ancora.

Un momento dell’incontro con la cittadinanza promosso da Casa delle Agriculture nell’ambito del progetto Gallery: un osservatorio partecipante di Coppula Tisa

In una delle tappe del percorso della nostra Gallery, realizzata a fine 2019 in partnership con l’associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino, l’oggetto degli incontri proposti furono proprio i “patti di filiera cerealicola”, per individuare in maniera partecipata le modalità e le regole condivise da stabilire per favorire un incremento delle produzioni locali – che significa maggior impiego di terra incolta, aumento del numero di addetti in agricoltura, livelli retributivi etici, ampliamento delle piccole reti di economia solidale, disponibilità di prodotti più salutari, rispetto dell’ambiente.

È fondamentale parlarne e organizzare tavoli di studio e di lavoro su questi temi di difficile soluzione. Tuttavia, dobbiamo ammettere che questi processi richiedono una forte capacità di fare rete, cosa che, non mi stancherò mai di ricordarlo, non siamo ancora capaci di fare fino in fondo. Probabilmente, uno dei detrattori è quel modello leaderistico piramidale sempre più sponsorizzato – anche in Italia, soprattutto dopo gli insegnamenti del Silvio nazionale. Se riuscissimo a sostituirlo con un modello di leadership condivisa, in cui il vertice della piramide sia sostituito da una rete di nodi in grado di assumere una funzione di responsabilità non solo per la propria organizzazione, ma nei confronti di tutta la rete, individuando in maniera chiara e condivisa quali siano le funzioni fondamentali che ogni nodo dovrebbe assumersi nell’interesse dell’intera rete.

Eppure, è già dimostrato che la piccola imprenditoria agricola è in grado di sostenersi attraverso produzioni di qualità, anche di cereali antichi. Parlavo di Casa delle Agriculture, ma potrei citare anche altri esempi di aggregazione di produttori e fornitori, come Salento Km0 e Diritti a Sud, per citarne alcuni. Ovviamente, anche il Celacanto è uno di questi, con inostri fornitori di fiducia che animano il Mercatino Solidale e altre attività culturali, unitamente alla rete di consumatori consapevoli. Gli Orti di Peppe, Piedi Grandi, Azienda Merico sono solo alcuni esempi di produttori che coltivano cereali antichi e li trasformano in prodotti come pane, pasta, frise, biscotti, ecc. dall’indiscutibile qualità superiore rispetto agli analoghi industriali.

Grani industriali? No grazie! Ancient is better

I cereali antichi, come il farro, il grano Timilia e l’antico grano Senatore Cappelli, differiscono dai loro omologhi industriali per diversi motivi. Prima di tutto, le varietà antiche spesso contengono un profilo nutrizionale più ricco. Sono fonti di fibre, proteine e minerali che spesso mancano nei cereali raffinati utilizzati nell’industria. La maggiore varietà nutrizionale nei cereali antichi offre benefici per la salute, contribuendo a una dieta bilanciata e alla prevenzione di alcune malattie croniche legate all’alimentazione.

Un’altra distinzione significativa è la tecnica di macinatura. Mentre l’industria utilizza macchinari moderni che spesso comportano la perdita di parti vitali del chicco, come il germe e il pericarpo, le comunità locali spesso adottano metodi di macinatura più tradizionali che preservano meglio il valore nutrizionale integrale del chicco. Questo contribuisce all’alta qualità delle farine ottenute dai cereali antichi.

La coltivazione intensiva di cereali industriali può comportare rischi per la salute umana e per l’ambiente. L’uso eccessivo di pesticidi e fertilizzanti chimici può contaminare le acque sotterranee e danneggiare la salute dei consumatori e degli agricoltori. Inoltre, la monocoltura su larga scala aumenta il rischio di erosione del suolo e la perdita di biodiversità. I cereali antichi coltivati a livello locale rappresentano un’alternativa più sostenibile.

L’Italia, nonostante la sua ricca tradizione cerealicola, importa ancora una parte significativa dei suoi grani e farine. Questa dipendenza dalle importazioni sottolinea l’opportunità di valorizzare e promuovere i cereali locali antichi come una risorsa strategica per la sicurezza alimentare e la sostenibilità.

In conclusione, il confronto tra i cereali antichi coltivati localmente e quelli dell’industria cerealicola rivela una serie di differenze nutrizionali, tecniche di coltivazione e impatti ambientali. Questa analisi mette in evidenza la necessità di riconsiderare le scelte alimentari e le pratiche agricole per promuovere una dieta più sana e sostenibile, valorizzando al contempo le antiche tradizioni agricole che hanno dato vita a varietà di cereali preziose e uniche.

Note

  1. Allettamento: ripiegamento fino a terra per l’azione del vento o della pioggia, contrastato tramite riduzione dell’altezza relativa delle spighe.
    Stretta: stress idrico che colpisce le coltivazioni durante la fase di maturazione causato dalla siccità e dall’aumento repentino delle temperature, contrastato mediante precocità di maturazione del seme.
  2. Selezione genealogica: è un sistema di miglioramento genetico delle specie viventi tramite selezione artificiale; di generazione in generazione si scelgono gli individui giudicati migliori moltiplicandoli ulteriormente fra di loro, fino al raggiungimento di una varietà che abbia solo le caratteristiche desiderate.
  3. CREA: Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, Ente vigilato dal Ministero dell’Agricoltura, è stato istituito nel 2015 dall’unione del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA) e dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA).


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