Il sistema delle corti come abitare di qualità.

Laboratorio di ricostruzione di uno spazio di comunità.

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Una passeggiata tra i vichi e le corti del centro storico di Tiggiano per riflettere e proporre, insieme alla comunità, un modello di valorizzazione del tessuto storico locale.

Associazione Partner

Associazione ospite


Data: Venerdì 25 ottobre 2019 ore 17.30
Luogo: Corte Via Ovidio – Centro Storico Tiggiano (LE)
Area tematica: Pianificazione urbanistica

Città Fertile, promuove processi di rigenerazione e di pianificazione urbana attuando strategie comunitarie partecipate.
Il piccolo contesto del centro storico di Tiggiano, alla luce del fenomeno dello spopolamento, si presta ad essere interpretato come luogo di trasformazione del tessuto storico-sociale, e di rifunzionalizzazione delle strutture abitative.
La Cooperativa Karadrà, mossa dalla voglia di ricostruire il tessuto agricolo del territorio di Aradeo, protagonista del fenomeno dell’abbandono delle terre, è quotidianamente attiva nel progetto di rinascita del paesaggio agricolo, nella definizione di nuovi valori comunitari ed economici. L’incontro tra un paesaggio urbano da ripensare e l’esperienza diretta di un paesaggio agricolo ricreato, farà emergere le criticità che sono alla base di un progetto di rigenerazione locale, ma anche le opportunità di riconnettere una dimensione territoriale ad una dimensione comunitaria.

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Contesto tematico

Il tema proposto intercetta il bisogno di una visione condivisa di progettazione della rigenerazione urbana dei centri storici sollevato dall’associazione “Città Fertile” durante il primo incontro di coinvolgimento e attivazione del processo di cittadinanza con le dieci realtà associative partner del processo.

L’obiettivo condiviso è quello di “indagare sulla percezione di un diverso modello abitativo più inclusivo e funzionale al recupero del patrimonio esistente nei piccoli centri urbani dei comuni salentini in funzione dei redigendi Piani Urbanistici Generali”.

L’elemento edilizio suggerito che si vuole esplorare è l’antico sistema di case a corte presente e caratteristico dei centri storici urbani.

L’emersione della problematica condivisa, connessa al tema che si vuole indagare, si intreccia con l’esperienza positiva di Karadrà –Associazione Ospite – prodotta sul territorio di Aradeo e riguardante il fenomeno dell’abbandono delle terre e della rigenerazione del paesaggio agricolo.

Rispetto alla tematica generale di “Ambiente e Territorio”, il confronto su questo tema offre uno spaccato tipico della rigenerazione urbana attraverso l’animazione sociale di chi usa, abita, presidia e si prende cura degli spazi vissuti. Il fenomeno dello svuotamento dei paesini con il conseguente abbandono del patrimonio immobiliare spiega la situazione generale di stallo e di inazione che impedisce o ritarda il ripopolamento dei piccoli centri. Ripensare forme nuove dell’abitare per favorire il ritorno di domanda di residenzialità mette in moto e in circolo un’economia della ristrutturazione immobiliare, delle successioni proprietarie, della sussidiarietà e dell’innovazione in tema di intervento pubblico e del privato sociale. Lo spopolamento e la morte conseguente, in termini di vitalità di questi centri urbani, è un’emergenza vissuta da molti piccoli comuni della provincia.

Oggi più che mai si percepisce come necessario il ruolo del pubblico, chiamato a sostenere e incoraggiare la sperimentazione o l’adozione di soluzioni efficaci già utilizzate in contesti simili, che favoriscano la crescita insieme alla messa in sicurezza delle nostre identità territoriali.

Affianco alle Istituzioni pubbliche c’è già un ricco patrimonio e un capitale sociale investito, rappresentato dal lavoro che realtà associative hanno fatto o stanno già facendo in questa direzione sul territorio.

Le identità territoriali che si vogliono recuperare e tutelare sono percepite, infatti, come punto di forza da tutti gli incubatori sociali, start up locali, piccole imprese che si stanno affacciando sul mondo del lavoro e della produzione di prodotti e servizi alla comunità.

Questo il dato da cui si parte per costruire il nostro scenario di visione comune della rigenerazione urbana.

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Sintesi dell’incontro

Contrariamente al luogo individuato dagli organizzatori, l’incontro si tiene nell’atrio del complesso abitativo di Via Ovidio, sempre nel centro storico. Sono presenti, oltre ai volontari dell’Associazione Karadrà, l’associazione Zoom Culture (che propone la valorizzazione del patrimonio culturale locale, spesso considerato minore, generando processi condivisi di diffusione della conoscenza e recupero della memoria storica dei luoghi), un’altra associazione culturale del luogo, due volontarie dell’associazione SOS 275 e i cittadini interessati al percorso.

Nella fase di avvio dei lavori è presente anche il Sindaco e, dopo la presentazione del percorso Gallery da parte dell’associazione capofila, vi è un’introduzione al tema da parte di Città Fertile. Prima del dibattito tutti i partecipanti sono guidati in una passeggiata esplorativa nei vicoli e nelle corti del centro storico e un cittadino del posto si offre di aprire la sua proprietà per far vedere una tipica casa da ristrutturare.

Dall’incontro si evincono le seguenti osservazioni:

  1. I centri storici subiscono il degrado dell’abbandono perché vengono scelti sempre meno come soluzioni abitative permanenti. Molte sono abitazioni ereditate dalle famiglie di origine.
  2. Molto spesso la residenzialità all’interno dei centri storici coincide con situazioni di disagio economico, quando non di povertà, inevitabilmente abbinato a forme di degrado sociale.
  3. Gli interventi di ristrutturazione spesso modificano le destinazioni d’uso originarie degli spazi, utilizzando a volte elementi architettonici in maniera difforme dagli usi tradizionali, contribuendo ad una graduale perdita degli elementi distintivi e identitari dei luoghi.
  4. Lo spopolamento dei centri storici a volte coincide con un ripopolamento delle abitazioni rurali, cosa che, se da un lato rivitalizza le aree agricole, dall’altro diventa anch’esso fattore di nuova antropizzazione della campagna per finalità abitative e non produttive.
  5. Gli spazi offerti dalle case a corte dei centri storici permettono soluzioni abitative poco in linea con le esigenze “convenzionali” della vita contemporanea e anche questo è motivo di modificazioni rilevanti dei vecchi complessi abitativi, che spesso vengono accorpati per raggiungere le volumetrie necessarie.
    A differenza dell’abitare moderno, dove si prova a delimitare sempre di più lo spazio pubblico e quello privato, la corte rappresenta uno spazio intermedio, legato alle tradizioni agricole di cultura rurale. Le corti, basandosi su prossimità e reciprocità, originano un microcosmo anche di economie, creando quindi un terzo spazio in comunità. Rigenerare le corti per le esigenze dei cittadini contemporanei deve rappresentare la sfida comune.
  6. L’abbandono del sistema abitativo della corte concorre alla perdita del sistema di relazioni di vicinato che rappresentano, al contrario, un elemento di forza di questo sistema abitativo;
  7. Si potrebbero studiare e sperimentare nuovi sistemi di condivisione abitativa nei quali alcuni spazi sono condivisi fra nuclei familiari differenti, che convivono nella stessa corte (es. spazi studio, spazi cucina, spazi lavanderia, coworking, ecc.)
  8. Gli enti locali possono facilitare il processo di riaggregazione intorno al sistema abitativo a corte, promuovendo ed incentivando forme di abitare collaborativo e di inclusione sociale.
  9. Necessità di un patto rifondativo, dove va riconosciuto un valore nuovo all’abitare. Quindi ricostruire un valore per un terzo spazio sia pubblico che privato, pensare che possa aiutare tutti, senza fossilizzarci sull’elemento proprietario esattamente come avveniva in campagna
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Conclusioni e proposte

Un esperimento di welfare abitativo

un patto di corte La proposta emersa è quella di un patto di corte con il quale avviare un esperimento di co-housing sociale da estendere ai centri storici con esigenze di rigenerazione e animazione sociale di sistemi abitativi a corte. L’esperimento apripista potrebbe avere luogo nel Comune di Tiggiano che ha ospitato l’incontro. A tale scopo il Sindaco ha già individuato la Corte su cui si potrebbe sperimentare la proposta. L’idea di fondo è quella di avviare un partenariato pubblico-privato strategicamente individuato, che favorisca forme solidali di recupero del patrimonio immobiliare storico, e risposte innovative a bisogni abitativi di fasce sociali deboli e giovanili.

Favorire, a tale scopo, un tavolo congiunto degli attori coinvolti per la stipula di un accordo e un successivo piano d’azione condiviso di recupero e ristrutturazione.

L’idea forte, emersa a conclusione dell’incontro, è l’housing sociale come strumento che può generare quello che chiamiamo welfare abitativo: case che muovono relazioni tra gli inquilini, costruendo una vera comunità tra vicini di casa.

Analisi dell’incontro

Curata dal Dott. Giuseppe Gaballo – Ricercatore Università del Salento Dip. di Storia Società e Studi sull’Uomo sulla base della registrazione audio degli interventi

Primo incontro. Il sistema delle corti come abitare di qualità

Il rappresentante dell’associazione (“Città Fertile”) organizzatrice dell’incontro sottolinea un aspetto fondamentale alla presenza del sindaco del comune, intervenuto per i saluti: l’incontro-confronto tra pubblico e privato, che deve tradursi in supporto e coordinamento da parte del primo e in partecipazione e creazione di idee-interventi da parte del secondo.

Questa è stata la chiave di successo che ha consentito alle associazioni protagoniste dell’incontro di poter realizzare quanto raccontato.

Il primo tema affrontato ha riguardato l’abitare nei centri storici, precisamente le corti. Esse venivano costruite sulla base di un paradigma, consolidatosi in una logica di sopravvivenza dell’uomo in un ambiente rurale e imprevedibile, inoltre in una società basata, per dirla con Durkheim, sulla “solidarietà meccanica”: legami molto stretti anche di vicinato, forte condivisione di risorse e delle differenti dimensioni della vita quotidiana. Quindi, mentre la società delle corti aggregava, quelle attuali si basano sul paradigma moderno dell’individualismo e della edificazione di una pratica, oggi fortemente ideologizzata, della separazione e della privacy. Il richiamo al vecchio paradigma, invece, è quanto mai importante, visto il ritirarsi drammatico della solidarietà dello stato, per un welfare sempre meno adeguato, e l’aumento degli indicatori di solitudine (anziani abbandonati, bambini dimenticati in auto, violenze domestiche spesso nascoste, suicidi e suicidi-omicidi familiari). Il vissuto regressivo della società odierna fa emergere il bisogno di un ritorno a elementi comunitari significativi, quindi della stessa essenza dell’uomo, quella di essere un animale sociale sia per la naturale spinta verso l’altro sia per il bisogno che abbiamo degli altri per sopravvivere e vivere nel benessere. Oramai è un fatto universalmente condiviso che la qualità della vita dipende molto dalla qualità dell’ambiente sociale del soggetto. Ne sono a conoscenza organismi anche istituzionali, chiamati a condurre survey per la rilevazione mediante questionari dell’indice di felicità, per il quale concorrono variabili relative alle relazioni sociali.

Nella seconda parte dell’incontro si è affrontato il paradigma delle società pre-moderne spostando l’attenzione sul vissuto e sulla produzione rurali. È messo in evidenza il fatto che nella cultura contadina dei ceti bassi la terra non aveva confini, siepi, muri reali, reti, c’era anche un reciproco scambio di strumenti. L’ideologia della proprietà privata, chiusa da mura legali invalicabili, ha fatto perdere il fine sociale della stessa (peraltro prevista dalla nostra Costituzione), tale per cui molti ettari salentini sono imprigionati nell’inedia e nel mancato utilizzo da parte dei suoi proprietari, quando invece potrebbero essere sfruttati da tanta manodopera giovane e da altrettanti nuovi e vecchi imprenditori.

L’intento dell’associazione, che ha coinvolto numerosi proprietari di terreni, è rispettare maggiormente la natura, intervenendo antropicamente senza tradirne le leggi e i tempi evolutivi. In tutto ciò vorrebbero l’aiuto dell’Università, che però vedono troppo lontana o assente. Anche perché tra le difficili lotte vanno annoverate quelle relativa alla difesa del paesaggio: tante proprietà private vengono trasformate da terreni con flora e fauna specifici in ville, e così si rischia di degenerare. Si vuole abitare la campagna solo per godersi il paesaggio e non c’è più il legame tra abitare, lavoro e comunità. Il tutto risulta improduttivo economicamente e socialmente, abbandonato a un destino estetico individualisticamente e contingentemente goduto. Ripensare l’abitare, invece, riporterebbe in auge il concetto stesso di comunità, perché questa si fonda sempre e comunque sulla possibilità di condividere spazi e architetture. Basta volgere lo sguardo al passato per capire che social housing e co-housing, sostanzialmente, non sono idee innovative.
Tale discorso si fa quanto mai urgente ora anche per contesti più grandi come Lecce: città turistiche che vedono spopolarsi il proprio nucleo storico a vantaggio di una turistificazione aggressiva che indebolisce e – si veda il caso Venezia – annulla l’identità storica della comunità urbana, che per secoli l’ha abitata. I residenti fuggono, vendendo la loro casa o trasformandola in struttura ricettiva; nel migliore dei casi gli artigiani e gli esercenti autoctoni cedono il passo a immigrati stranieri, la cui cultura potrebbe diversamente vivacizzare l’area oppure impoverirla nel caso in cui prende il posto un’unica etnia. Insomma, le possibilità sono tante, ma il filo conduttore è unico: anche nel caso in cui si voglia avere profitto da una casa, l’importante è trovare soluzioni abitative residenziali e a uso turistico-ricettivo che non si chiudano, ma che consentano anche al turista di inserirsi più intimamente e umanamente al luogo che sta visitando, fatto non solo di beni e cultura materiale, ma anche di vissuti, idee e racconti.

Ovviamente associazioni, cooperative e liberi professionisti possono contribuire con idee e interventi, ma a patto che il pubblico faccia la sua parte con vincoli e strategie nelle politiche abitative e commerciali che consentano di ottenere un paesaggio differente. Il punto critico è l’acquisto di case antiche solo da parte di privati, perché così le unità abitative verrebbero fagocitate dal profitto individualisticamente inteso e ogni proprietà privata perderà ogni funzione sociale.

Una delle ultime riflessioni è totalmente differente, ma molto specifica: perché non ripensare l’abitare anche sulla base del recupero dell’antico rapporto con l’acqua? Infatti, sottolinea l’intervenuta, molte corti avevano pozzi e sarebbe opportuno riprendere in qualche modo il bene necessario di un’acqua funzionale alle diverse esigenze quotidiane; inoltre, il pozzo rappresentava un momento di incontro anche con il forestiero, come lo sono state le fontane di paese in tempi a noi più vicini. Questo discorso è quanto mai utile oggi con il problema idrico, che vede un territorio sempre più secco, ma che deve affrontare situazioni di piena a causa della tropicalizzazione. Il bene prezioso rappresentato dall’acqua andrebbe dunque riconsiderato, perché domani costituirà un serio problema per gran parte dell’umanità; questo soprattutto perché oggi si può ottenere acqua potabile da buone pratiche e assistiti da una tecnologia prima inimmaginabile.

Si è parlato tanto di fare comunità, di riprendere le corti per incentivare alla condivisione, ma – ci si dovrebbe chiedere – in una società dell’individualismo spietato chi vorrebbe un abitare proposto all’incontro? Non è stato affrontato un problema cruciale: la formazione e l’educazione a un con-vivere differente, appunto comunitario. Qualcuno ha appena sollevato il problema, che dovrà essere affrontato in futuro: chi ha esigenze di vita tali che combaciano con spazi e ristrettezze tipiche delle case a corte? In tal caso ricerche e studi scientifici a tal proposito possono essere molto utili, ma per far ciò non basta la buona volontà delle associazioni pur capaci di coinvolgere i vari ricercatori, perché trattasi di un intervento complesso e complicato che esige l’attenzione delle istituzioni politiche.

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Città Fertile e Karadrà

È una calda mattina di fine ottobre, il termometro fisso su temperature più consone a Giugno, il mare sbrilluccica all’orizzonte, così placido che si vedono le correnti che lo attraversano. Il sole sparge grazia mentre accogliamo la classe dell’Istituto Mattei di Maglie … Leggi tutto

Il racconto di Vito Panico

Gallery: un osservatorio partecipante
Esiti del processo
Associazioni e incontri
Istituti Scolastici
Sintesi del progetto

Progetto Gallery: un osservatorio partecipante – avviso pubblico Puglia Partecipa – scadenza gennaio 2019 – Legge Regionale sulla partecipazione N. 28 del 13 luglio 2017.


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